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Rosario e Nicola sono i figli di un orfanotrofio all'alba del Novecento. Le loro strade un giorno sembrano dividersi per sempre. In un gioco di destini che si divertono a sfiorarsi, grazie anche a un anello perduto e ritrovato, Rosario attraverserà le stazioni del suo ingresso nel consorzio umano: una famiglia adottiva, anche se un po' anomala, l'istruzione, il lavoro, l'amore coniugale, l'agiatezza, la città. Dalla vita sociale Nicola sarà invece respinto verso una vita di sola natura, in regressione ferina, in costante dialogo con piante e bestie, tra fiumi e montagne che hanno perduto la memoria del nome. Vagabondi entrambi, ma in maniera diversa, Nicola e Rosario incontreranno esistenze disperse come le loro: Ademaro, Bianca, i fratelli Poro... attori che si muovono verso l'indirizzo che riportano inciso sulla schiena. È un moltiplicarsi di narrazioni cui risponde la vastità di sensazioni sollecitate dalla scrittura doviziosa di Capitta. Gli oggetti, le situazioni, i pensieri hanno sempre natura plurima, la pagina si apre a percorsi poetico-conoscitivi preziosi, perché il gioco - severissimo - è una sfida con la parola e con l'invenzione narrativa alla ricerca di significati profondi. E sopra un senso ultimo s'interrogheranno i personaggi di Creaturine, forse ritrovandosi per chiedersi: A cosa è servito tanto correre, tanto remare?
Alberto Capitta (Sassari 1954), scrittore, drammaturgo, regista. Autore di cinque romanzi per Il Maestrale: Creaturine (2004; Finalista Premio Strega nel 2005; Premio Lo Straniero 2006); Il cielo nevica (2007; già Guaraldi 1999); Il giardino non esiste (2008); Alberi erranti e naufraghi (2013; Premio Brancati e Libro dell’anno di Fahrenheit); L’ultima trasfigurazione di Ferdinand (2016). È anche autore di storie per ragazzi, illustrate da Elda Broccardo: Quel mangione di Renato (Angelica Editore 2020); Il cacciatore (Imago Edizioni 2021).