Alessandro Stellino riesce in un’impresa impossibile: rinnovare la lezione di Salinger dando finalmente nuova linfa ad un filone tra i più usurati della narrativa contemporanea post Giovane Holden (1951). Lo schema è simile a decine di romanzi pubblicati negli ultimi anni: una voce in prima persona, giovanile, ben caratterizzata linguisticamente, una finta-confessione dai tratti genuini e dall’andamento scorrevole, con un’aria sospesa di mistero e di non detto. Che cosa rende dunque questo libro diverso da decine di altri? [continua]