Non sapevo nulla di Antioco Zucca prima di leggere il bel libro di Sergio Sotgiu pubblicato da Il Maestrale, con un titolo che è già un giudizio storico-critico: L’armonia impossibile. Antioco Zucca filosofo e poeta dell’infinito. Un’antologia che, grazie alla lunga e intensa introduzione, rappresenta un indispensabile vademecum. Zucca nasce nel 1870 a Villaurbana, nell’oristanese, dove morirà nel 1960. Partito da posizioni carducciane, Zucca -penso al precoce L’uomo e l’infinito (1894)-, si rivela da subito un materialista non appagato dalla materia, e che, dentro una prolifica carriera, si troverà a dialogare, tra gli altri, con Leopardi e quello scettico assai anomalo che fu Rensi. Ma fa molto bene Sotgiu, in un tentativo d’attualizzazione, a definirlo «poeta e filosofo dell’infinito» e a farlo interagire col Borges della conferenza L’immortalità e lo spasimo per l’infinito (1978). La nostra è un’età in cui la filosofia conosce un processo di estetizzazione, nella convinzione che non esistano più verità, ma solo narrazioni: sicché ci piace ravvisare in questo filosofo sardo come un precursore che seppe assumersi «il compito, grandioso nella sua umiltà, di dimostrare la potenza nascosta e la suasiva incidenza delle indicazioni poetiche».
Massimo Onofri