L’anno che verrà vorrei parlasse sardo ai sardi, ma con un pensiero prima che con una lingua, e con una prospettiva molto prima che con un programma. Il libro che sintetizza questa difficile alchimia è appena uscito per i tipi del Maestrale e si intitola Pro s’indipendèntzia. Porta la firma autorevole di Bachisio Bandinu, uno dei nostri più importanti intellettuali, e non è solo un pamphlet appassionato, ma un manifesto che non lascia vie d’uscita: sull’autodeterminazione della Sardegna o si è pro o si è contro, non ci sono terze posizioni ancora giustificabili. Bandinu infila nel discorso, come perle in un filo di seta, tutte le parole che fino a questo momento hanno orbitato intorno al fulcro dell’indipendenza, sfiorandola timidamente senza mai trovare il coraggio di pronunciarne il nome a voce alta. Le conosciamo, sono autonomia, specialità, insularità, identità, nazione e popolo. Lui le denuda, le analizza, talvolta le critica, ma soprattutto le rende cibo commestibile a ogni bocca, risposta possibile per quella fame di senso che accomuna tutti i sardi. Il libro comincia da due parti, è scritto in due lingue e ha la stessa copertina da entrambi i lati, perché sia chiaro che questo discorso è complesso anche quando è semplice, e se si vuole farlo fino in fondo occorre tenere insieme tutto: ragione e sentimento, passato e presente, armonia e contraddizione. Bandinu non fa sconti alle paure di sempre, né al nostro complesso da diseredati: “Chi dice che i tempi non sono maturi crede che il tempo debba maturare per conto suo come frutto di stagione […] In verità il tempo non è mai in ritardo e non è mai in anticipo: la sua attualità dipende dalle nostre scelte, prende la forma del nostro operare e la misura del nostro passo”. Possiamo farci un miglior augurio di questo?