Le parole conducono ai fatti, o almeno sembra. I fatti conducono alla misteriosa vita di un famoso scrittore, o almeno sembra. Ma poi i fatti, le parole, e perfino l’intreccio si capovolgono grazie a un eccellente colpo di scena che complica la storia e poi la insanguina, o almeno sembra.
Il protagonista di Vita e morte di Ludovico Lauter è uno scrittore da nulla, uno che ha scritto pagine che la signorina Gismondi usa per accendere il camino. Ma lo scrittore da nulla ha un progetto e una casa isolata sulle scogliere del Golfo di Orosei per realizzarlo. Vuole scrivere, finalmente, la biografia di Ludovico Lauter, il sommo scrittore dell’ultimo Novecento italiano, nato davanti al mare di Cagliari, città di sue perpetue vertigini con infanzia scandita dalla meticolosa archiviazione di amore materno e insetti. Il suo primo viaggio a Wiesbaden. Popi gli anni a Bologna tra il vento dell’università, facoltà di Lingue. Finalmente Milano, dove passeggia nel suo personale salone delle feste, la Galleria Vittorio Emanuele, entra in libreria e sorridendo ne esce senza comparare mai nulla perché “da alcuni anni aveva smesso di leggere”. Quindi il successo con la trilogia della Stella marina, in pieni Anni 80. E il trasferimento a New York, dentro a una solitudine protetta dalla ricchezza, dalla fama. Dai cristalli sui quali si accendono le stagioni su Central Park e si spengono i pochi amori intralciati dall’ombra della sua luce.
La luce acceca lo scrittore che ne scrive. Lo scrittore ha molti segreti. I segreti sono la parte più sottile del romanzo. Il romanzo è l’esordio di Alessandro De Roma, 37 anni, nato anche lui in Sardegna, ma insegnante di Filosofia a Torino. La struttura sembra lineare e non lo è. La prosa è limpida. L’effetto è una progressiva dissolvenza di tutte le storie che contiene e di tutti i personaggi, compresi lo scrittore che racconta e quello raccontato. Come sabbia, quando passa l’onda, come la memoria, quando passa la vita.