La casa editrice Il Maestrale, di Nuoro, da alcuni anni va espandendo il suo mercato di vendita. Nonostante ciò non perde l’interesse per le proprie origini e così inaugura una nuova collana, interamente dedicata alla poesia in lingua sarda. Si tratta della “Piccola Collezione Sarda di inediti e rari in edizione filologica”. Si incomincia con questo Peppinu Mereu delle Lettere poetiche inedite a Eugeniu Unale, testi per l’appunto inediti rinvenuti su un quaderno manoscritto che fa parte della collezione dell’orgolese Antonio Rubanu.
L’edizione critica è di Giancarlo Porcu, studioso nuorese che, nell’àmbito della poesia sarda, ha già pubblicato le Poesie complete di Mereu e quelle di Pascale Dessanai. La grafica dell’agile volumetto di 112 pagine dà subito emozioni particolari agli appassionati di poesia sarda. Infatti il colore e i disegni richiamano i motivi grafici, lo spiritus si direbbe, dei libretti di poesia che venivano stampati da quegli editori-stampatori che, almeno a partire dall’ultimo ventennio dell’Ottocento, hanno contribuito al perpetuarsi della poesia sarda – improvvisata e scritta – con libriccini che avevano sempre una grafica spartana, con colori che variavano dal marroncino al celeste. Il Maestrale e Giancarlo Porcu s’inseriscono nel solco di questa tradizione, ma con gli strumenti della moderna filologia testuale, per poter restituirci dei testi che siano il più vicino possibile a quella che era l’intenzione dell’autore. Si tratta di uno dei pochi casi in cui la modernità sposa la tradizione rinnovandola e adattandola alle esigenze dell’edizione critica.
La puntualità delle annotazioni con cui Porcu presenta i testi deve servire da esempio per chi vuole occuparsi di poesia sarda. Di ogni elemento viene dato ragione e viene esaminato criticamente. Ma non si pensi alla filologia come un sapere chiuso. La filologia è, come insegna Edward W. Said, una scienza democratica: di tutto rende conto, tutto spiega e ciò che non sceglie viene comunque riportato di modo che chi legge possa comunque formarsi, eventualmente, un’opinione diversa.
Così è per questi inediti di Mereu, «epistole in forma poetica», come scrive Porcu nell’introduzione, due per la precisione, una di Mereu, scritta da Osilo, e la risposta del commilitone, amico, nonché poeta Eugeniu Unale, di Pozzomaggiore, ma che prestava servizio a Simala. Un caso non ricorrente quello di avere, di una lettera, entrambi i dati, l’invio e la risposta susseguente. Certo, sul genere comunicativo, vale quanto afferma lo stesso Porcu: «Al di là delle loro differenti esecuzioni [dei testi] resta comunque fermo il loro tenore comunicazionale, ragion per cui questi testi si apprezzano intanto come documenti, e non inutili a una migliore conoscenza della vita, della personalità e della formazione dell’autore, com’è per ogni carteggio privato». E infatti proprio dalla lettera inedita emerge, siamo nell’aprile 1895, il desiderio di Mereu di congedarsi dai Carabinieri nei quali si era arruolato nel 1891 per rimediare alle ristrettezze economiche. La disciplina era però ritenuta eccessiva, non era il tipo di vita che riusciva a sopportare e così, nel dicembre 1895 Mereu si congedò. Un altro interessante elemento di cui Mereu e Unale discutono riguarda l’universo femminile e il matrimonio. Entrambi evidenziano una vena anti-conformista, per l’epoca, esprimendo tutti e due il desiderio fermo di non sposarsi. Ma tra i due il più deciso sembra Mereu che vede nel legame sentimentale-matrimoniale (le due cose erano viste l’una come l’evoluzione dell’altra) un modo per ufficializzare l’incomprensione: ammette di essere “bisbetticu”, ma poi dice “ma ite culpa nd’hapo frade meu / si mi cherene goi essende gai?”. Più che una tematica misogina, comune nella letteratura, sembra d’intravedere una forma di ginofobia (paura della donna). È di sicuro argomento che gli studi su Mereu dovranno occuparsi di approfondire.