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Novembre 1, 2008
"Ultima di campionato" di Francesco Abate

Lo stadio vuoto, qualche istante prima dell’inizio della partita. Nel silenzio dell’isolato spogliatoio Vanni Visco, la star della squadra, attende l’inizio della prima partita della stagione, che, ha deciso, sarà per lui l’ultima. Intanto egli fa il bilancio della propria vita fino a quel momento, della propria carriera da leggenda del calcio, intrapresa contro la sua stessa volontà, e pensa a porre fine a tutto ciò. Che cosa è successo? E come andrà a finire?

L’attività artistica di Francesco Abate, nato a Cagliari nel 1964, si muove su diversi binari – come si può dedurre dal suo sito internet (www.frisko.it) –: già all’età di quattordici anni iniziò a lavorare come DJ su Radio Alter, è membro fondatore di Radio X, una delle prime ad essere diffusa via etere, e dal 1991 fa il DJ nelle discoteche sarde con il nome di Frisko. Il debutto come scrittore avvenne nel 1996 nell’antologia Racconti di celluloide, con il racconto breve L’Oratorio (Alambicco). Seguì nel 1998 il suo primo romanzo, Mister Dabolina (Castelvecchi, Roma).

Con Ultima di campionato, originariamente concepito come sceneggiatura, vinse nel 1999 il premio Solinas nella categoria Miglior soggetto. Il testo servì da base per due adattamenti teatrali: il primo, di Francesco Feletti, venne presentato al Teatro La Cometa di Roma nel 2000, mentre il secondo adattamento venne inscenato con la regia di Lelio Lecis al Teatro delle Saline di Cagliari nel 2002.

Infine, nel 2004, Ultima di Campionato fu pubblicato come romanzo per la casa editrice sarda Il Maestrale, presso la quale Francesco Abate ha pubblicato nel 2007 anche il suo ultimo romanzo, I ragazzi di città. Abate lavora inoltre come giornalista per L’Unione Sarda.

Ultima di campionato è un libro originale: il giovane Vanni Visco di Cagliari viene spinto a giocare a calcio dalla propria famiglia – nonostante egli preferirebbe di gran lunga dedicarsi, in tutta tranquillità, alla lettura – e riesce, contro la propria volontà, ad arrivare persino a giocare nella nazionale. La particolarità della trama è ravvisabile soprattutto in relazione ad altre opere di letteratura calcistica italiana, nelle quali i sogni dei giovani protagonisti di una carriera da giocatore minacciano di fallire a causa dell’accanita reticenza familiare.

Un esempio eloquente: il romanzo di Andrea Carraro L’erba cattiva (Giunti, Firenze, 1996), nel quale il conflitto padre-figlio, reso manifesto attraverso la carriera calcistica di Tonino, culmina in un finale di morte (cfr. Zibaldone 25, pp. 76-85 e pp. 86-91). Per il Vanni di Abate il sogno di Tonino coincide tuttavia con un incubo: fin dall’infanzia, egli percepisce il calcio come un elemento di disturbo, conflittuale con il proprio mondo.

Una fatale concatenazione di circostanze, che in questa sede non potranno essere rivelate, insieme al pressante senso di dovere morale nei confronti della propria famiglia e del proprio allenatore, allontana tuttavia il giovane protagonista dai suoi libri, spingendolo verso un mondo estraneo ed ostile, il cui linguaggio gli appare in un primo momento misterioso come «quell’irlandese che avevo tentato di leggere per tre volte ma mi ero fermato a pagina dieci senza capirci nulla», (p. 38). Il narratore conduce il lettore in un viaggio nello sfavillante e arido mondo del calcio, nelle ombre di passate tragedie familiari, nate da incomprensioni e dall’incapacità di comunicare, nonché nelle zone oscure della delusione, che hanno lasciato rapporti distrutti nel suo cuore. In questo senso valgono da indizi le citazioni delle letture del protagonista, la cui scoperta è riservata al lettore quale piccolo enigma supplementare. Così, all’incirca, inizia l’interpolazione kafkiana, con le prime parole della parabola Un fratricidio: «È stato accertato che l’assassinio fu commesso nel seguente modo» [in corsivo nel testo, N.d.T.], (p. 9) – (Es ist erwiesen, dass der Mord auf folgende Weise erfolgt [F. Kafka, Die Erzählungen und andere ausgewählte Prosa – Herausgegeben von R. Hermes –, Frankfurt a. M., Fischer Taschenbuch Verlag, 2001, pp. 261 segg.]).

Questa frase è programmatica: nei diciotto “pezzetti” successivi i tentativi di annientamento interiore del protagonista vengono sezionati; viene anche mostrato il modo in cui Vanni si difende, vale a dire con l’aiuto della letteratura e dei suoi due amici, il bibliotecario Ottavio e il libraio Rocca. L’originalità della trama trova corrispondenza anche nell’aspetto linguistico e formale. Da questo punto di vista, giocano un ruolo importante particolari locuzioni, che attraversano il testo come dei leitmotiv, conferendogli, in tal modo, una coloritura propria, raffinatamente strutturata.

Ne citiamo qui di seguito alcuni particolarmente importanti. L’immagine di «Gesù Cristo con una faccia da rockstar martire» [corsivo del recensore, N.d.T.] (la prima volta compare a p. 14, cfr. anche p. 15) diventa il simbolo del dolore di Vanni e lo accompagna lungo l’agro percorso di vita fino alla sua conclusione (p. 189). Una felice caratterizzazione del rapporto del protagonista con il proprio ambiente è rappresentata dall’affermazione: «Pensano che dorma, non dormo», (p. 18). In essa si trova condensata l’incomprensione, proveniente dal proprio mondo: dai propri genitori (di notte, sente per caso i loro segreti discorsi a proposito del suo “strano comportamento”, p. 17 sgg.), dal coinquilino e compagno di squadra Demetrio, davanti al quale (nonostante la comune avventura galante, pp. 92-97) deve nascondere le proprie letture, p. 99, così come dai media, che non credono capace un giovane giocatore di interessi culturali (p. 81). Per questo motivo, il protagonista viene colpito sensibilmente dalla domanda del presidente di giuria di un premio letterario: «Mai letto qualche libro?», (p. 134). Domanda posta proprio a lui, che durante l’allenamento, ad esempio, recita I hear America singing (Walt Whitman): «Sento cantare l’America / gli inni variati intendo, / i canti dei meccanici / […] E ognuno canta il suo nome / come deve essere» [in corsivo nel testo, N.d.T.], (pp. 72 sgg.) – (I hear America singing, the varied carols I hear, / Those of mechanics, each one singing his as it should be [W. Whitman, Leaves of Grass – Edited by S. Bradley and H. W-Blodgett –, New York, London, W. W. Norton & Company, 1973, p. 12. Al posto delle parentesi quadre si trovano in Abate i numeri, con i quali Vanni tiene contemporaneamente il conto delle flessioni fatte. Per consentire una lettura più fluida, essi sono stati tralasciati.]). Nel baccano di questo sfavillante mondo, per Vanni non è tuttavia possibile né trovare ascolto, né dare espressione alla propria vera vocazione. Pezzo dopo pezzo, nel silenzio dello spogliatoio, egli dispone davanti a sé la propria vita, vissuta fino a quel momento, e decide di trarne le conclusioni… Ultima di campionato è un’arringa convincente sul libero sviluppo della personalità del singolo e sulla necessità della comunicazione interpersonale, una resa dei conti con la superficialità della società mediatica e dei suoi idoli, nella forma di un romanzo calcistico, di una densità linguistica abilmente composta.

[traduzione di M. Laura Dore]


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