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L’opera narrativa di Grazia Deledda, fra le più controverse e forse meno comprese del Novecento europeo, è riproposta in questo agile volume economico di oltre mille pagine con la scelta di otto romanzi fra i più rappresentativi dell’arte della scrittrice sarda Premio Nobel per la letteratura. Sono raccolti nel libro (si indicano gli anni della prima edizione in volume): Elias Portolu (1903); Cenere (1904); L’edera (1908); Colombi e sparvieri (1912); Canne al vento (1913); Marianna Sirca (1915); L’incendio nell’oliveto (1918); La madre (1920). Guidano a una nuova e vivace lettura dei romanzi qui riuniti una Prefazione di Massimo Onofri, un’aggiornata bio-bibliografia e le introduzioni ai singoli romanzi di valenti studiosi: Alessandro Cadoni, Silvia Lutzoni, Alessandro Marongiu, Giuseppe Mussi, Barbara Pasqualetto.
Grazia Deledda (Nuoro 1871 - Roma 1936). Appena dotata di un’istruzione elementare, affronta determinata la strada della scrittura poetico-letteraria, intessendo da subito, dalla piccola e appartata Nuoro («sottomessa a un esilio dal mondo grande»), una fitta rete di rapporti negli ambienti culturali isolani e continentali. Esordisce giovanissima (1888) pubblicando racconti in rivista, e nel 1891 esce il suo primo romanzo “sardo” Fior di Sardegna. Da lì è un crescendo inarrestabile, con i primi gradini nella pubblicazione di Anime oneste (1895; prefazione di Ruggero Bonghi) e La via del male (1896) che riceve il plauso di Luigi Capuana. Seguono altri romanzi e racconti, sempre ideati e composti nel borgo natio, che ancora disegnano una progressione stilistica e concettuale della sua arte narrativa. Nel 1899 (anno in cui va in stampa La giustizia), durante un soggiorno a Cagliari, Grazia Deledda conosce Palmiro Madesani che sposa nel gennaio 1900 e con lui si trasferisce a Roma, dove metterà su famiglia e trascorrerà il resto della sua esistenza. Ora la costruzione di una gloriosa carriera letteraria riceve ulteriore impulso e la pubblicazione di romanzi e raccolte di novelle avverrà con ritmo serrato in poco più di un trentennio che abbraccia la produzione di oltre quaranta titoli (ricordiamo soltanto, fra i romanzi: Elias Portolu, Cenere, L’edera, Il nostro padrone, Colombi e sparvieri, Canne al vento, La madre, Il paese del vento, La chiesa della solitudine). Nel 1927 le viene conferito il Premio Nobel per l’anno 1926: Grazia Deledda è consacrata come una delle voci più alte della narrativa mondiale del Novecento. Non ha solo raggiunto il «mondo grande»: l’ha conquistato. Postuma (in rivista nel 1936 e in volume nel 1937) esce l’autobiografia romanzata Cosima, lasciata manoscritta.
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