Lei è una donna libera, almeno così sembrerebbe, Maddalenina dei celtrini, avrebbe scelto giorni di primavera se non avesse invece dovuto piegarsi alle stagioni.
Si può essere donne di casa, di giardini, di orti, di armadi e di candele.
Si può essere madri di un pensiero diventato carne. Donne di assenza che però sono più presenti delle madri-querce piantate al centro delle case vuote.
Lei è una che soffia sui ricordi per darsi almeno una sequenza.
E aspetta, madre dell’impossibile, nel raccontare il suo futuro alla bambina infiocchettata mentre la polvere si assesta sui gradini, asfissia l’ombra seduta sulla sedia.
E l’ombra ha fissità di pietra, meditabonda, ha pensieri che affollano ramaglie, alberi spogli, fronti mai accarezzate né baciate.
Savina è strega, la vedo intenta a rimestare storie come fossero serpi, cuori di stoppini, e sembianze sbiadite come dagherrotipi color seppia.
Volevo scappare via, fuggire oltre i nugoli di mosche che c’erano, sì, dovevano esserci, oppure no, non lo ricordo. Ma che ci fossero o meno nulla cambia, perché poi restavo, davanti al pentolone, a bocca aperta: e adesso che ci mette, Savinamaga, ancora?...
E ancora, ce ne stava.
Credete che sia un libro? Eh no, è il cubikubrik di Savina Dolores Massa.
È il Silmarillion di nostra signora d’Ichnusa.
Che le parole mica le sorprende sopra la tastiera, nooo, lei le estrae dalle dita, a volte le sospende sulle pagine, in equilibrio, qualcuna l’ho potuta scorgere aggrappata a filo del foglio.
E poi, e poi, voglio portare il ritornello di un albero sospetto, fresco o secco: sarà come sarà, o come si vorrà?...
Scommetto che lo vorreste sapere!
Ok, leggete il libro.
Cribo