[...] Se mancano le vere coordinate generazionali, l'spirazione non langue, lo dimostra Alessandro De Roma, sardo-torinese trentottenne che con La fine dei giorni ci propone una Torino a metà strada fra De Chirico e Ballard. Un romanzo complesso, a spirale, che sarebbe piaciuto a Giovanni Arpino o a Italo Cremona, con la visione apocalittica di una fine del mondo circoscritta al territorio sabaudo - quindi di per sé limitata - ma dilatabile a un contesto sociale assoluto dove ogni certezza diventa dubbio fondamentale.
Egocentrismo taumaturgico, violenza surreale ma non irreale, fantasociologia ai piedi delle Alpi: tre ispirazioni dissimili ma convincenti.