´Nanneddu meu/così va il mondo/per quel che è stato/non è rotondo...´. Chiamatela licenza poetica. Amatela o odiatela. Ma prima considerate se l´azione stessa del tradurre sia un´abnorme e inutile licenza oppure un atto di passione, seppure violento, che ridona il senso a versi narcotizzati dall´abitudine. Così se Il Maestrale pubblica un´accurata edizione delle opere di Peppino Mereu, con traduzione in italiano a fronte di Giovanni Dettori, Marcello Fois e Alberto Masala, è soprattutto per rivalutare l´artista tonarese. Poesie complete è il titolo; ed ecco la raccolta più completa che vi sia in circolazione dell´opera di Mereu. Raduna tutti i testi tradizionalmente attribuiti al poeta, ma ne propone altri fino ad ora ignorati o sottovalutati. E l´allestimento del testo risulta radicalmente rinnovato. Se la raccolta Poesias, pubblicata nel 1899 da Giovanni Sulis, amico del poeta, negli ultimi cinquant´anni è stata proposta con poco riguardo della stampa originale, qui è invece presentata in veste integrale e risulta interessante sia sotto il profilo linguistico sia per quanto riguarda il ´paratesto´ (epigrafi, date, dediche). La sezione Altre poesie pubblicate in vita offre un Mereu inedito, autore nelle riviste di fine Ottocento. Infine le poesie postume Disperse , fra cui alcuni componimenti in italiano, ci vengono proposte in gran numero e con l´apporto di versioni a stampa fino ad oggi mai prese in considerazione. Queste novità trovano giustificazione e credibilità, scientifica ma anche nei confronti dell´amatore di poesia, nel centinaio di pagine in fondo al volume che esaminano le fonti utilizzate, dichiarando puntualmente i principi seguiti nella restituzione del testo, con Apparati critici e Criteri di edizione. L´aspetto critico e filologico dell´edizione è arricchita da un saggio provocatoriamente intitolato L´ultimo poeta in lingua sarda, ad opera del curatore Giancarlo Porcu: ´Ho tentato di spiegare come Mereu utilizzasse due differenti canoni poetici e letterari: uno prossimo al vasto settore della tradizione poetica sarda, alla versificazione per canto, talvolta estemporanea; un altro più ´letterario´, vicino alla produzione poetica ´culta´ di ascendenza italiana, o europea´. Però il saggio è anche un contributo all´appassionante querelle sopra la questione se il nostro idioma sia ancora limba o sia scaduto a dialetto d´Italia. E quanti poeti sardi sanno oggi stare ´in bilico´, come fece Mereu, tra due mondi linguistici, quello sardo e quello italiano, e sentirsi comunque in equilibrio stabile? Mereu adotta con naturalezza i patterns stilistici e lessicali dei poeti estemporanei, nulla perdendo nella produzione scritta. È quindi uomo del suo tempo, ma sapeva che uno dei segni più evidenti del divenire storico sono da sempre i mutamenti linguistici. Visse allora la spinta e l´egemonia crescente della cultura nazionale traslando in poesia il cambiamento, senza temere di poetare, seppure marginalmente, in italiano. Il saper stare in bilico gli consentì un gioco per lui molto serio: raggiunse le vette della poesia, talvolta profusa di ironica comicità, attraverso l´uso di quello che Giancarlo Porcu chiama ´italianu porcheddinu´: un italiano volutamente impuro, poco pulito, distorto, piegato al ritmo del logudorese. Una commistione di idiomi e toni ai suoi tempi ancora possibile, perché quel sardo era davvero una lingua. Ma oggi la traduzione in italiano dei testi mereiani (perché nasconderlo?) è divenuta necessaria anche per noi sardi: almeno scopriamo che solo il confronto sincero può ridare dignità concreta, non artificiosa, alla nostra lingua e alla nostra cultura. Ed è proprio la versione in italiano, oltre al saggio del curatore, che illumina la raccolta. Giancarlo Porcu spiega che ´si è voluta confezionare una traduzione auto-sufficiente sul piano letterario´. Chi non conosce il sardo legge un testo che ha una sua tenuta poetica. Ai poeti traduttori è piaciuto rispettare la metrica degli originali, ardua ma stimolante avventura, a costo di sacrificare la modernità del verso libero. E hanno avuto ragione: la costrizione della misura del verso e delle rime li ha condotti su terre dalle sonorità dimenticate, che stupiscono per la loro, a volte dissonante, contemporaneità. È la versione italiana che ci fa comprendere quanto Mereu possa essere moderno e profondo. Giancarlo Porcu: ´La traduzione è stata una prova di resistenza del testo sardo, e Mereu sembra aver reagito bene, maneggiato da mani esperte e sensibili´. I poeti-traduttori non lo truccano affatto: era così, uomo sofferente, che si faceva carico della ribellione ma più spesso subiva la fatica del dolore fisico, della terra deserta, delle illusioni ormai miraggio. La sua arte però più volte si illuminò quando lui s´elevava al di là delle vane pretese terrene. Soffriva certo, come da sempre soffrono i poeti. Quando l´intensità con cui leggeva dentro provocava in lui dolorose battaglie con la prosa, tutta sarda, della sua breve esistenza.