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a cura di Giancarlo Porcu
Una Deledda sconosciuta si rivela in questo volume che esplora e offre al lettore la collaborazione della scrittrice alla rivista «Silvio Pellico» di Torino (1895-1899). Racconti, poesie, articoli sulle tradizioni popolari, note letterarie e recensioni forÂmano il contributo al settimanale piemontese, per un totale degli oltre venti testi qui riproposti in edizione critica. Prose e versi inediti in volume, primizie di roÂmanzi a venire, rifacimenti di novelle e altro ancora forniscono l’occasione per esaÂminare una stagione di impetuosa maturazione nell’arte letteraria dell’autrice venticinquenne. Riemergono le perle del racconto sentimentale e sperimentale Dalle memorie d’una lettera, della novella Nella Baronìa sospesa fra cronaca e mondo magico-superstizioso, della rimeditazione sul Natale in Sardegna, dei pezzi di bravura che sanno unire analisi psicologica e dinamica musicale (L’«Ave Maria» di Gounod). Riappare la Deledda poetessa, tutta da riscoprire e da ricollocare fra le più valide voci liriche (non solo femminili) di fine Ottocento. Riaffiora anche la giovane Grazia partecipante a vari concorsi letterari, con esito sempre negativo per la candidata che, ironia della sorte, sarà insignita del Premio Nobel. La produÂzione deleddiana del «Silvio Pellico» è confrontata con le coeve collaborazioni ad altre riviste, con i romanzi pubblicati nello stesso periodo e con gli sviluppi narraÂtivi futuri. Nella terza parte del volume, un nuovo e particolareggiato censimento delle novelle e delle prose brevi (recensioni, scampoli autobiografici, impressioni…) da Deledda pubblicate in periodici e volumi, mette a disposizione di lettori e stuÂdiosi diverse centinaia di voci bibliografiche, frutto di un’indagine originale.
Grazia Deledda (Nuoro 1871 - Roma 1936). Appena dotata di un’istruzione elementare, affronta determinata la strada della scrittura poetico-letteraria, intessendo da subito, dalla piccola e appartata Nuoro («sottomessa a un esilio dal mondo grande»), una fitta rete di rapporti negli ambienti culturali isolani e continentali. Esordisce giovanissima (1888) pubblicando racconti in rivista, e nel 1891 esce il suo primo romanzo “sardo” Fior di Sardegna. Da lì è un crescendo inarrestabile, con i primi gradini nella pubblicazione di Anime oneste (1895; prefazione di Ruggero Bonghi) e La via del male (1896) che riceve il plauso di Luigi Capuana. Seguono altri romanzi e racconti, sempre ideati e composti nel borgo natio, che ancora disegnano una progressione stilistica e concettuale della sua arte narrativa. Nel 1899 (anno in cui va in stampa La giustizia), durante un soggiorno a Cagliari, Grazia Deledda conosce Palmiro Madesani che sposa nel gennaio 1900 e con lui si trasferisce a Roma, dove metterà su famiglia e trascorrerà il resto della sua esistenza. Ora la costruzione di una gloriosa carriera letteraria riceve ulteriore impulso e la pubblicazione di romanzi e raccolte di novelle avverrà con ritmo serrato in poco più di un trentennio che abbraccia la produzione di oltre quaranta titoli (ricordiamo soltanto, fra i romanzi: Elias Portolu, Cenere, L’edera, Il nostro padrone, Colombi e sparvieri, Canne al vento, La madre, Il paese del vento, La chiesa della solitudine). Nel 1927 le viene conferito il Premio Nobel per l’anno 1926: Grazia Deledda è consacrata come una delle voci più alte della narrativa mondiale del Novecento. Non ha solo raggiunto il «mondo grande»: l’ha conquistato. Postuma (in rivista nel 1936 e in volume nel 1937) esce l’autobiografia romanzata Cosima, lasciata manoscritta.
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