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Opera di peso rilevante nella bibliografia di Antonio Pigliaru, il saggio Meditazioni sul regime penitenziario italiano compie cinquant’anni. Pubblicato per la prima volta nel 1954 sulla rivista «Jus», esce in seguito, con qualche variante in veste definitiva, nel 1959. Pur essendo mutate, negli anni, la concezione della pena e del carcere, lo scritto conserva ancora un carattere d’attualità; trae origine da esperienze che hanno segnato in modo indelebile l’esistenza di Pigliaru, e rappresenta uno dei pilastri del pensiero di questo ispirato intellettuale.
Prefazione e Postfazione di Salvatore Mannuzzu
Antonio Pigliaru (Orune 1922 - Sassari 1969), intellettuale multiforme di profonda e moderna ispirazione, è stato anche un innovativo docente universitario (negli ultimi anni della sua breve esistenza fu professore di Dottrina dello Stato all'Università di Sassari). Di formazione filosofico-letteraria, fu anche sensibile ai grandi temi della realtà civile e sociale sarda, studiati in un’ottica internazionale. Fondò e diresse la rivista «Ichnusa», che raccolse intorno a sé gran parte della cultura democratica isolana. Accanto al suo libro più consistente e famoso, Il banditismo in Sardegna (nuova edizione Il Maestrale, 2021), contenente il fondamentale La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico (1959), si ricordano le opere (riproposte dal Maestrale nella collana “I Quaderni di Antonio Pigliaru”): Persona umana e ordinamento giuridico (1953), Meditazioni sul regime penitenziario italiano (1959), La piazza e lo Stato (1961), Struttura, soprastruttura e lotta per il diritto (1965),Promemoria sull'obiezione di coscienza (1968), L’eredità di Gramsci e la cultura sarda (1969).
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