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Novembre 15, 2010
Ferriero e Luisu, la Storia in una miniera

“Tutto è stato già detto, si sa. Ma tutto è ancora da dire, e questo si sa di meno”. Così sentenzia Ferriero Dondi, toscano e anarchico convinto, quasi all'inizio del libro di Giulio Angioni. Ma lui stesso si correggerà verso la fine: “Già tutto è stato detto e ridetto, molto meno fatto”.Tre anni dopo La pelle intera , Giulio Angioni ci riporta nell'Italia devastata dal fascismo e dalla guerra; lì era il Piemonte e qui Carbonia, “40mila persone in pochi anni” perché il Duce lo ha detto: “L'Italia deve badare a se stessa, in pace e in guerra”.Nelle gallerie si ritrovano servi pastori e pescatori siciliani, braccianti padani e montanari abruzzesi. Ma Doppio cielo (Il Maestrale: 178 pagine per 16 euro) è soprattutto l'incontro tra Ferriero e Luigi Melas - detto Luisu, di Fraus, “classe 1922, figlio unico maschio di madre vedova, incorporato minatore militarizzato” - che avviene 176 metri sotto terra nel 1943, cioè nell'epoca in cui, più del solito, “il lavoro è la prosecuzione della guerra con altri mezzi”. In miniera “si sta sotto due cieli” perché uno nero preme sempre sulla testa e l'altro può cadere. Ed esiste un doppio tempo, quello “corto” sotto e il lungo sopra.Per il giovane Luisu quel Ferriero - “renitente alla leva” ma spedito in miniera dall'Ovra, la polizia politica - sarà amico e maestro. Gli insegnerà come avere “un corpo da minatore”, i trucchi del mestiere, cos'è l'anarchia ma soprattutto perché lì, nelle gallerie, bisogna essere uniti. Il pericolo maggiore si cela sotto una parola “franzosa” (dunque proibita dal regime), il grisou, ma per i minatori è “il peto del diavolo”. Si dica alla francese o all'italiana, le gallerie scoppiano se non si scoprono per tempo le sacche di gas. A caccia del grisou va “un penitente” come Tziu Macis (reduce di Russia) detto “Sant'Antonio del fuoco”. Spiegherà il perché di questo soprannome raccontando - “per istruire il giovanotto” - come avvenne la scoperta del fuoco per merito di un bambino e del santo che, accompagnato da una scrofa, lo rubò ai diavoli; storia memorabile, degna dei miti.Il toscanaccio inizierà Luisu al sesso, portandolo al bordello. E mentre il ragazzo si chiede se sia una bella esperienza, scopre Ferriero “beato fra le donne […] a leggere e parlare di anarchia […] con gli accorgimenti del caso perchè il casino è il luogo delle spie”. Capisce molto e parla poco Luisu, eppure anche lui insegnerà all'altro e non solo di Sardegna o di coraggio. Luisu si abitua a tutto, anche ad “avere sulla testa una montagna”. Duro lavoro e rischi, politica e sogni piccoli (una bici, un mandorlo), ma anche il silenzioso amore di Luisu per “Marialuisa, un bel nome d'erba”. Scoprirà il ragazzo che le donne sanno più di quel che dicono e che gli uomini hanno paura di dire ciò che è importante. Mentre lui cerca le parole giuste per Marialuisa, intorno le città sarde sono “bombardate a tappeto dalle fortezze volanti” e in miniera il grisou uccide. “Dio lo stramaledica”, s'arrabbia Ferriero: “Vorrei vederlo quel proto-cripto anarchico di Francesco d'Assisi cantare Laudato sia missignore, per fratello grisou ”; intanto raccomanda a Luisu di impararne almeno una più del demonio e gli fa leggere le pagine di Giulio Verne, meglio che un manuale da minatore.Un finale indimenticabile. Ma anche “lu carusu di la citalena”, il funerale che diventa corteo, “la preghiera antica a santa Barbara e a san Jacopo”, le battute, le fantasiose definizioni dell'anarchia, il paragone fra Mitridate e un cardellino, il cavallo Baieddu, “gli occhi del culo”, il pranzo alla siciliana con in tavola “l'erba della paura” resteranno a lungo nella memoria. Chi sa poco di storia scoprirà le tragedie di Monongah o di Courriéres oppure che nelle miniere sarde finì, per punizione, pure un papa. I molti invece che ricordano cosa accadde il 25 luglio '43 si ritroveranno a viverlo in mezzo ai minatori, nel pieno di una tragedia: “Nel giorno delle cose rovesciate” importa più che sia caduto il dittatore o quel corpo sparito in miniera di cui si ritroveranno solo le scarpe? Doppio cielo ha la semplicità delle grandi storie, il coraggio di scavare nell'Italia dimenticata. Se ci sono libri che lasciano un segno questo lo è.


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