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Dicembre 5, 2013
La Germania scopre Savina Dolores Massa

Savina Dolores Massa scrive storie aspre come l’isola in cui esse hanno luogo.
Nella prefazione l’autrice chiarisce di aver voluto disegnare delle “creature” che “si aggirassero tra avvenimenti e paesi della Sardegna passata”. I suoi personaggi sono però principalmente legati alla storia dei suoi antenati e della sua patria.
Il cambiamento viene sempre dall’esterno e ciò che i tempi moderni portano alle persone è accolto con stupore e indifferenza, quasi come se non li riguardasse o potessero scegliere di ignorarlo.

Gli occhi sinistramente belli di Vincenza Demontis simboleggiano il potere fatale della fissità: “portano solo disgrazie”. Quattro corteggiatori pagano atrocemente il suo sguardo con la vita, e quando solo tre mesi dopo di matrimonio, il marito di Vincenza ha un incidente mortale, nessun uomo osa più guardarla. Crescerà da sola il figlio Candido.
Arraffiella Satta sposa Candido per amore, eppure sa bene che “le cose cattive non si sotterrano mai”. Per tale motivo è fermamente risoluta a rinunciare a degli eredi poiché potrebbero avere gli stessi odiati e maledetti occhi della suocera. In un momento di debolezza, Arraffiella però cede e a quarant’anni dà alla luce un figlio, Pissenti (“maledetto giorno, maledette pecore e maledetto il mio cuore molle!”).
Il padre Candido vorrebbe togliere il fanciullo dal circolo vizioso, fare in modo di educarlo da qualche altra parte; alla madre questo però sembra fin dal principio un peccato “di presunzione, di vanità di fronte alle altre madri, con un destino già tracciato per i propri figli: povero e ignorante per tutta la vita”.
Finiti gli studi, Pissenti ritorna al suo paese natio carico di entusiasmo illuminista nell’interesse dei suoi arretrati abitanti, che per la maggior parte non sanno né leggere né scrivere. Ma il giovane pretende troppo da loro, ferisce inavvertitamente il loro orgoglio semplice, mette la loro muta e subdola resistenza contro di sé, finché una pallottola anonima non lo uccide.
Perfino la madre Arraffiella lo aveva da tempo abbandonato. Nonostante tutto il dolore sa che tutti i figli del paese sono uguali, che qualunque di essi avrebbe potuto sparare, poiché “l’orgoglio, ogni madre lo serve nel piatto cena dopo cena, per far andare i figli a dormire con la pancia più piena”.
I pensieri illuministi portati da Pissenti nel villaggio avrebbero strappato i figli alle madri e distrutto il nocciolo della società.

La storia di “Ogni madre” termina nel 1967. Ognuno dei tredici testi della raccolta che gli dà il titolo è legato a fasi della storia sarda fra il 1870 e gli anni ’60 del XX secolo. In ogni racconto viene delineato il contesto (politico, sociale, economico) in due, tre frasi, senza tuttavia che esso si concretizzi come parte dell’intreccio.
Più che altro questo sguardo offre al lettore uno sfondo grazie al quale i destini mostrati acquistano una valenza che trascende la singola individualità.

In tal modo veniamo a conoscenza dell’arbitrio dei “Baroni”, del “banditismo”, della costruzione della ferrovia, dello sfruttamento sistematico dei boschi per ricavarne traversine e carbone, delle condizioni di vita e di lavoro nella regione mineraria sud-orientale, degli attacchi aerei degli Alleati, degli sforzi degli intellettuali arrivati da Roma, che incitano gli ingombranti sardi all’azione politica. In episodi di incompresa trasformazione sociale, l’identità sarda permane quale unico e sicuro valore permanente. Ogni tentativo di azione fallisce. “A voi sardi non si può insegnare nulla”.

In tal modo i Sardi sono rimasti imprigionati – come già da molti secoli – nel loro ruolo di vittime inascoltate, forza-lavoro sfruttata e, tutt’al più, come spettatori diffidenti. In qualità di raccoglitori di legna, carbonai, pastori, inservienti, braccianti – molti fino alla metà del XX sec. – hanno vissuto un’esistenza ricca di privazioni, spesso in condizioni da età della pietra e privati dell’istruzione anche più elementare. (“Per Liccu, l’unica ricchezza di un uomo era la libertà, e solo gli anni potevano curvargli la schiena”). Beneficiari rimanevano coloro i quali lo erano sempre stati.

Molti personaggi di cui raccontano gli autori sardi sono caratterizzati da queste situazioni.
Ai deboli non rimane altro che l’apatia, ai forti la lotta per una scarsa zona d’influenza – se necessario anche a spese del vicino. Le donne di Savina Dolores Massa modellano i propri figli e, quando falliscono, perdono la parola (“la lingua morta in anticipo su di lei”), siedono inerti, sopportano pietrificate (“La madre paralitica, seduta rigida su una sedia con le ruote frenate da sacchi di carbone”). Gli uomini proteggono e difendono il loro onore e il loro orgoglio come il bene più prezioso: “Noi di dire a un altro sardo, Tu mi devi fare il capo, non ci riusciamo, noi”.

Savina Dolores Massa appartiene alla cerchia più significativa di giovani autrici sarde, i cui testi sono fortemente radicati nella cultura dell’isola e nella sua storia, riuscendo comunque a sviluppare forme di racconto letterarie innovative e tonalità stilistiche individuali [vedere “Sardische Literatur aus hundert Jahren” (‘Cento anni di letteratura sarda’) su buecherrezensionen.org].

I racconti di “Ogni madre” sfruttano appieno il potenziale offerto dal genere della short story. Leggiamo di avvenimenti incredibili, vediamo persone focalizzate proprio nel momento in cui il loro destino cambia repentinamente, veniamo colti di sorpresa da svolte finali, ascoltiamo l’intimo dialogo interiore tra un vedovo e la moglie suicida.

Savina Dolores Massa evoca impressioni insolitamente forti, che difficilmente dimenticherete. Ciò risiede nella precisione del suo vocabolario, nella densità della costruzione della frase, spesso tortuosa come il tronco nodoso di un antico olivo, oppure frammentaria (“Niente stelle: spente”). Il suo stile è scarno o fervido, come i suoi personaggi.

Di continuo troviamo immagini che si impressionano nella mente (“contando formiche con le ali”, “dalle parole pronunciate erano scomparse le vocali”), e motivi (ad esempio reiterazioni che ricordano le formule delle fiabe: “E tu, Sofia, non mi hai mai sentito la voce”) oltre a elementi magici (“in vetta a un monte […] decise di acchiappare due stelle per sostituire gli occhi della madre: spenti”), che tuttavia trovano un legame con fatti storici, e in tal modo sviluppano un valore tanto più forte.

Nella prefazione confessa Savina Dolores Massa: “Ai veri protagonisti della Storia va tutto il mio rispetto e il mio amore incondizionato, come pure alla mia incantatrice, ma spesso amara isola”.

 

5 dic 2013 - buecherrezensionen.org | Alexander Schwarz

(Traduzione: Laura Dore)


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