Due anni orsono il filologo nuorese Giancarlo Porcu ha pubblicato una ponderosa edizione critica dell’opera poetica del poeta logudorese Pisurzi: Le canzoni di Pisurzi. Edizione critica, Nuoro, Il Maestrale, 2017.
Pietro Pisurzi, insieme a Padre Luca, nome d’arte del padre scolopio Gian Luca Cubeddu, costituisce il maggior vanto della musa poetica del Logudoro tra il Settecento e la prima metà dell’Ottocento.
Giovanni Maria Demela Pesucciu o Pisutzu, poi universalmente noto come “Pietro Pisurzi”, era nato a Bantine, frazione di Pattada (SS), nel 1707. Sacerdote, ha vissuto per gran parte della vita nel paesello natale, di cui è stato Parroco e qui è morto nel 1796. È il più noto poeta logudorese del Settecento e sono celeberrime alcune sue composizioni poetiche come S’abe, (L’ape), S’anzone (L’agnella).
L’opera di Giancarlo Porcu, Le canzoni di Pisurzi. Edizione critica, Nuoro, Il Maestrale, 2017, è prefata da Paolo Cherchi, filologo di chiara fama, già docente di Letteratura italiana e spagnola presso l’Università di Chicago. Nella ponderosa edizione critica di Giancarlo Porcu sono presenti 19 cantones del poeta di Bantine, ossia le nove già pubblicate a partire dal 1863 dal canonico Giovanni Spano, e altre dieci di nuova attribuzione.
Finalmente la “filologia” applicata alla poesia sarda
Credo di poter dire che questo libro per l’opera di Pietro Pisurzi sia, anzitutto, un’opera importante e fondamentale nell’ambito degli studi condotti con rigore scientifico sulla poesia sarda, cosa non consueta. Un’opera “di peso”, dunque! Certo, a “digerirlo” tutto ci vuole costanza e passione. Ma devo dire che queste due “virtù” a me personalmente non sono mancate nell’affrontare la lettura di questo solido libro di critica testuale e di autentico “intelletto d’amore” per la poesia sarda. Ecco le mie più immediate impressioni e alcune riflessioni sul libro. Tre gli aspetti che mi hanno maggiormente colpito.
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