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Gennaio 25, 2012
Mereu, l'animo del poeta prigioniero di una divisa

Un annu ancora / poi torro a bestire antigos pannos». Un anno ancora e poi rivestirò gli antichi panni. Era il 30 aprile del 1894 e Peppinu Mereu già non ne poteva più di indossare la divisa del carabiniere. Lo confessava in una lettera in versi spedita al commilitone Eugeniu Unale (Pozzomaggiore, 1870-1931). Una delle due preziose epistole in forma poetica ritrovate dall'orgolese Antonio Rubanu, pastore, gallerista e grande cultore di poesia sarda. Due manoscritti inediti del poeta maledetto di Tonara, ora raccolti e pubblicati in edizione critica da Giancarlo Porcu nel volume «Lettere poetiche inedite a Eugeniu Unale» (Il Maestrale, 112 pagine, 9 euro). Un ulteriore contributo per una migliore conoscenza della vita, della personalità e della formazione dell'autore noto soprattutto per un classico quale è «A Nanni Sulis», titolo originale della più familiare «Nanneddu meu», poesia musicata dall'indimenticato maestro del folclore sardo Tonino Puddu. È da queste due lettere in rima che viene fuori un ulteriore tassello della vita infelice del giovane carabiniere-poeta barbaricino. Aveva appena ventitré anni, allora, da quattro era arruolato nell'Arma. Quando spedì le lettere al collega Unali era in servizio nella caserma di Osilo. Prima era stato a Cagliari, Nuoro e Bonorva. Una parentesi alquanto sgradita e indigesta, quella della vita militare, necessaria tuttavia per superare le limitate possibilità di sostentamento dopo la prematura morte sia della madre (nel 1887) sia del padre (nel 1889) medico condotto nel paese. Per il giovane Peppinu, quarto di sette fratelli, la scelta dell'uniforme era stata quasi un obbligo. Lo spirito ribelle del poeta, tuttavia, si era scontrato ben presto con le gerarchie della Benemerita. Primo: perché l'Arma non gradiva affatto che Peppinu Mereu salisse sui palchi delle sagre paesane a cantare le sue poesie in sardo e a sfidare i poeti improvvisatori. Secondo: perché un suo superiore lo aveva accusato ingiustamente di furto. Processato e assolto, lo scapigliato di Arasulè (così si chiamava e si chiama ancora oggi il rione di Tonara dove Peppinu Mereu era nato nel 1872) aveva perciò deciso di lasciare il lavoro. Malinconico e turbato, scosso psicologicamente, come anticipa all'amico Unali nelle due lettere, «In su dulche zeffiru» del 1 aprile 1895 e «Eugeniu caru» del 30 aprile dello stesso anno. Ottava lira serrada, endecasillabi e settenari, 32 versi in totale, la prima; endecasillabi in terza rima, terzine dantesche, 172 versi in totale, la seconda. Un corrisponder poetando, dunque, vista la dimensione del tutto privata di queste comunicazioni dall'assetto metrico. Non poesie in forma epistolare (più diffusa, classica e indirizzata a un destinatario fittizio con il chiaro intento invece di parlare a un più vasto pubblico). «Mereu est vivende affligidu» scriveva il poeta tonarese a Eugeniu Unali, «de te, collega, frade isfortunadu» raccontava all'amico fraterno. Afflitto e sfortunato, Peppinu Mereu. Come se avesse il presentimento che la morte non era poi così lontana. Come se già sentisse che ad appena 29 anni di età si sarebbe consumato «che candel'e chera», come una candela. Intanto «il 6 dicembre 1895 Mereu viene congedato per infermità, affetto da tubercolosi» ricorda Giancarlo Porcu nella raccolta «Poesie complete» (Il Maestrale, 520 pagine, 9 euro), prima edizione del 2004, riveduta e corretta nel 2007. E certo non è un caso se l'ormai ex militare dell'Arma, ritornato in solitudine nella sua Tonara, sul finire dell'Ottocento sottolineava con l'amaro in bocca: «Deo no isco, sos carabinieris / in logu nostru prit'est chi bi sune /e no arrestant sos bangarrutteris...». Così scriveva in una delle sue lettere in forma di poesia all'amico fidato Nanni Sulis, il medico Giovanni Sulis che nel 1899 prese l'iniziativa e fece pubblicare dall'editore Valdés di Cagliari il primo volume delle «Poesias» di Peppinu Mereu. Poeta maledetto, scapigliato di paese, ma soprattutto spirito libero e democratico di marca socialista. Giovane poeta in limba che già nel 1893 aveva esordito pubblicando «Addio a Nuoro» nella rivista «L'illustrazione sarda». Collaborò poi con «L'idea socialista» e «La piccola rivista», fino al 1899. Due anni dopo, l'11 marzo 1901, morì, probabilmente malato di tisi. Aveva 29 anni, compiuti il 14 gennaio.

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