Solitamente vengono definiti “minori”: sono quelle personalità che hanno recato interessanti contributi all’interno di un ambito culturale senza tuttavia raggiungere le vette del genio e della celebrità. Spesso figure degne della massima attenzione, che meritano ampiamente di essere riscoperte e valorizzate. E’ il caso di Antioco Zucca, un filosofo sardo vissuto fra il 1870 e il 1960, al quale Sergio Sotgiu, collaboratore della cattedra di filosofia morale dell’università di Sassari, ha dedicato un bel volume intitolato “L’armonia impossibile. Antioco Zucca filosofo e poeta dell’infinito” (Il Maestrale, pp. 168, euro 16). Poeta, polemista saggista e giornalista, Zucca, che fu in contatto con tre premi Nobel per la letteratura (Sully-Prudhomme, Carducci e Deledda) e seguì con viva attenzione gli sviluppi della cultura europea del suo tempo, guardò con ammirazione al messaggio del celebre filosofo seicentesco Baruch Spinoza con il quale condivise la certezza che «l’amore per l’eterno e l’infinito ricolma l’animo di pura letizia, rendendolo immune da ogni tristezza». Sotgiu è bravo a ricostruire il pensiero di Zucca, che fonde una prospettiva monista con la convinzione che tutti gli esseri viventi siano animati dalla coscienza, mentre sullo sfondo si staglia, come fine ultimo di tutto, l’Infinito, una sorta di supremo capolavoro privo di autore, «il solo degno di meritare gli sforzi della volontà dell’uomo».
Maurizio Schoepflin