«Questo paese è noto per i vini fermi, e per un’ospitalità che dispensa pecorino, salumi tagliati a coltello e arrosti maniacali. Eppure, in ormai due mesi Clelia non è ingrassata, anzi, sembra deperire ogni giorno di più. Vaga nei dintorni della piazza con l’eskimo istinto e i pantaloni infilati negli anfibi; si porta dietro libri e sigarette. Passa in biblioteca di lunedì all’apertura e fa scorta di romanzi lunghi. Il primo, Morte a credito, deve ancora restituirlo». Un incipit ben costruito può rivelarci sia l’essenza del libro che sta nascendo, sia quel che non è. A tie solu bramo, secondo romanzo del cagliaritano Giulio Neri (1978) – il titolo si rifà a uno standard della canzone popolare sarda, Non potho reposare – non è, innanzitutto, l’ennesima rielaborazione di cliché folkloristici isolani a beneficio di lettori che cercano facili esotismi fuori porta. Non è neppure, nella sua quasi totalità, una vicenda ambientata in Sardegna; ma è da un paesino del Sud dell’isola che prende le mosse, e forse – non è dato saperlo – proprio lì si conclude. La struttura narrativa procede infatti a ritroso nel tempo e nello spazio seguendo le tracce di Clelia Boero, la protagonista assente, la fuggitiva, che ha lasciato tracce indelebili nelle vite degli altri personaggi (ogni capitolo esplora un diverso punto di vista innesta sui precedenti, mostrando nuove angolature dello spettro interpretativo). Clelia, che porta ancora l’eskimo e gli anfibi a più di cinquant’anni, sarà sempre legata a una giovinezza libera ed engagée nella Torino degli anni Settanta, fatta di amori illusioni e cinema d’essai. Clelia che adesso vaga in un paese sconosciuto, fiaccata nel corpo e nello spirito, con un libro di Céline a ricordarle la passione di una vita, la passione per un uomo assente – anche lui – prigioniero per scelta o quieto vivere di un’altra donna, Rajae, reporter di guerra segnata da cicatrici profonde. Segni di un conflitto che dal Medio Oriente deflagra in Europa con gli attentati terroristici in Francia, facendo sconfinare la dimensione intima del racconto nel territorio della grande storia che annichilisce gli uomini, pedine inconsapevoli sullo scacchiere della geopolitica. A tie solu bramo è un romanzo che indaga la malinconia senza essere malinconico, guarda in volto la morte senza rigettare la forza delle pulsioni, racconta il dolore senza smarrire mai la levità dello scrivere. È un libro raro – che lascia sperare.
1 dic 2018 - Blow-up | Luca Mirarchi