Racconto di fine estate sottotitola Alessandro Stellino il suo romanzo d' esordio Incendi: un settembre 1986 ripreso da opposte prospettive, affidate a due differenti soluzioni stilistiche e narrative. Una prospettiva coeva, seppur appena sfalsata temporalmente, quella della giovanissima Perla. Una prospettiva passata quella offerta al resoconto Intorno ad alcuni fatti di fine estate 1986 di Giacomo Piras, in cui il giornalista anni dopo rivive una marginale vicenda di cronaca su cui è stato dirottato, rispetto all' inchiesta sulla fuga dall' Asinara dei sequestratori Boe e Duras, e che però alla fine «più ha segnato la mia carriera»: l' omicidio-suicidio dei fratelli Mirko e Liliana Contu sulla spiaggia di Platamona. Che sono poi i Mirco e Lilli che popolano l' imaginario di Perla, nei quali s'imbatte mentre caccia le maledette cavallette peggiori persino degli incendi, incuriosita dalla ragazza seduta sul tetto della macchina a contemplare il mare e dall'atteggiamento protettivo del fratello; e coi quali però stabilisce un legame fatto soprattutto di sguardi e poche parole, stante che Lilli è sordomuta, e di segrete gite al mare anche con l'amica Giada. Sino alla loro morte, cui Perla si rifiuta di credere, immaginandoli in fuga sul continente. Una Perla orfana d' un padre ubriacone, che ama giornalini, film del terrore, ma soprattutto il piacere di raccontare, che affida a un procedere soprattutto per immagini e a un' espressività ricca del favoleggiante stupore dell' infanzia, in un parlato fatto di intercalari e screziato da espressioni dialettali (e però più da «color locale» che veramente interiorizzate; così come sfugge talora all' autore il controllo della ingenua espressività infantile), il cui tono testimoniale è da lei ribadito nella dichiarazione d' avere sì molta immaginazione ma di non dire mai bugie. Una volontà testimoniale che, dichiarata da Perla a fine del suo racconto, si annoda in questo intento di verità al resoconto di Piras, dalla scrittura «al servizio dei fatti» (un linguaggio indubbiamente meno accattivante di quello di Perla), come s' addice al giornalista ch'egli ha scelto di essere. Un resoconto che, ricorrendo a stralci di giornale d'epoca, interviste e testimonianze, ricostruisce i fatti dell' estate 1986 tra incendi e storica evasione dall'Asinara, per giungere infine (con qualche ritardo, stante la insistita volontà ricostruttiva del momento storico) alla storia pregressa di Mirko e Liliana: tra uccisione più o meno volontaria d' un padre violento, l' abbandono del domicilio coatto, la fuga con la sorella e la morte. E però, nonostante continue dichiarazioni di verità (espressione che in Perla è insistito intercalare), né la verità giornalistica di Piras né quella immaginativa di Perla sanno svelare l' inesplicabile, dal mistero dei rapporti dei due figli (e in particolare di Liliana) col padre violento al modo della morte di lui, ai rapporti tra i due fratelli, alla ferita alla gamba di Mirko, con un'arma diversa dalla loro: esplicitata dall' affermazione di Piras che «in ogni storia c'è qualcosa che non si lascia raccontare». Un racconto in cui spicca il personaggio di Perla, al cui confronto gli altri restano più o meno sfocati, da Giada a Mirko con tutte le sue ambiguità (anche nel resoconto di Piras); e soprattutto a Liliana, la cui realtà da sordomuta si sarebbe ben prestata a una sorta di contraltare di Perla.