Libero Solinas, capraro di Gallura, ha sempre fermamente pensato che le terre non siano sue ma degli avi che gliele hanno tramandate. Poeta improvvisatore che sbaraglia i rivali a colpi di rima, accudisce al suo stazzo e trova nel lavoro quotidiano il suo ritmo vitale e la sua ragione d'essere. Ignora le strane novità che agitano gli abitanti di Arzachena, fino al giorno in cui il Principe Karim Aga Khan - giovane, scarmigliato e convincente - si presenta alla sua porta e gli fa la fatale proposta: 600 milioni in cambio degli ettari sul mare di Monti di Mola in cui alleva il suo gregge. Racconta la storia di una metamorfosi, Bachisio Bandinu, nel suo nuovo libro L'amore del figlio meraviglioso, edito da Il Maestrale (pg.195, euro 16). Antropologo, saggista, giornalista, l'autore, al suo esordio nella narrativa, costruisce una trama sul fenomeno della rivoluzione portata dal turismo d'elite nel nord dell'Isola nella carne e nelle menti dei pastori e dei contadini. Tema già affrontato nel testo Il re è un feticcio scritto in collaborazione con Gaspare Barbiellini Amidei e ora rielaborato in forma letteraria. L'improvvisa pioggia di denaro incide sui personaggi del romanzo in modo sostanzialmente negativo. La prima vittima è il vecchio Libero che davanti al notaio che redige l'atto di vendita non pensa al conto in banca (entità a lui del tutto sconosciuta) ma alle grasse tanche che otterrà in sovrapprezzo. Spera, anzi è certo, che il formaggio sarà più buono, il latte abbondante, le bestie ben pasciute. In un giorno di maggio del 1963, è ricco ma comincia a perdersi. Sbalestrato dal nuovo fiammante mobilio e dall'assenza di impegni, passa le ore bevendo anice e birra con gli altri miracolati dal dio del turismo. Riesce a malapena a salvare dai denti della ruspa la madia di olivastro, la tinozza di pero e la bisaccia in cui metteva il pane e il lardo dei suoi frugalissimi pasti. Sua figlia Caterina si taglia la treccia, acquista due tailleur nel meglio negozio di Olbia e si industria a cancellare dal suo corpo le tracce della povertà . Passa veloce, ma con qualche difficoltà , "dal tempo del telaio al tempo dello specchio", sintetizza Bachisio Bandinu. Il sortilegio smeraldino ha effetti diversi sui fratelli maschi. Andrea si butta con entusiasmo negli affari, Battista, che ha studiato alla Bocconi, impernia la sua tesi di laurea sugli effetti del consumismo in una società arcaica. Intanto Libero Solinas sogna scarabei che affogano nella tina: oscuri presagi, dice la maga. Non ha più cavallo da sellare, non si leva all'alba per la mungitura. Scruta le linee dei monti per ritrovare i luoghi noti ma tutto è confuso dalle ville progettate dagli architetti, dai pinnacoli degli alberghi. Il masso inciso con le parole Costa Smeralda gli sembra il confine che separa due mondi. La malinconia che lo rode pian piano, e gli fa perdere il senno: ha un solo rimedio, pensa sua moglie, riportare il capraro allo stazzo. Lei, Grazia Mura, sembra la più saggia nello smarrimento che mina la casa. Cuoce ancora nel forno i dolci di mandorle con l'uva passa, evita di accendere le invidie delle comari, vigila sull'equilibrio dei figli. Intuisce il pericolo delle condizioni mutate troppo in fretta, la nemesi che si nasconde dietro il buffet e il controbuffet che l'hanno trasformata in una signora. Bachisio Bandinu non sembra apprezzare per niente i fasti smeraldini. Eppure riconosce nel nuovo borgo inventato una valenza estetica, una "struttura dell'incantesimo" cresciuta intorno "all'acqua inutile" delle zone costiere. Quasi ad addolcire la sua severa analisi, lo scrittore si sofferma volentieri sulla natura: sui mirti, sui lentischi, sui formidabili graniti, sui ginepri assetati. Colpita da pesante fortuna, la famiglia Solinas sbanda e s'incrina. Sarà un nipote poeta, dunque la seconda generazione, a saldare con un filo senza strappi la memoria e il futuro. Un bambino meraviglioso, che avrà un cavallino di ferula e porterà il nome del nonno.
Alessandra Menesini