«Deo in tue ammiro su poete, / pro su cale sas Musas, in su monte / Parnasu, no han bìdu abba ’e Lete. / Ma pro decretu ’e su gregu Anacreonte / faghinde sun de laru una corona, / pro coronare sa superba fronte». “Io in te ammiro proprio il poeta, rispetto al quale le Muse, sul moente Parnaso, non hanno bevuto acqua di Lete. Anzi per decreto del greco Anacreonte ora preparano una ghirlanda d’alloro, per coronare la superba fronte”.
È un Peppinu Mereu che vola in alto, fino al Parnaso – il monte della Grecia consacrato al culto del dio Apollo e alle nove Muse – quello che scriveva lettere a Eugeniu Unale, commilitone di pozzomaggiore. Meno noto, forse, dell’ormai famoso Nanni Sulis, ovvero quel Nenneddu cui il tonarese Peppinu, per quanto socialisteggiante e fiducioso nelle “magnifiche sorti e progressive”, non poté fare a meno di scrivere a tantu l’ides / su mundu est gai: “tanto, lo vedi, il mondo va così”.
Ma c’era anche un Peppinu Mereu, come si legge chiaramente nei versi sopraccitati, che scrivendo letter ad un amico tirava in ballo le Muse, il Parnaso, il fiume Lete, il poeta greco Anacreonte. Verrebbe da chiedersi: quanti giovani maturandi del liceo classico, oggi, sarebbero in grado di dimostrare una competenza letteraria come quella di Mereu, che aveva la terza elementare? Lasciando ai posteri l’ardua e probabilmente triste sentenza, sulla competenza letteraria del tonarese Peppinu Mereu può certificare Giancarlo Porcu, studioso di filologia sarda e italiana e di critica testuale, che ha curato per Il Maestrale (pp. 70, € 9) le Lettere poetiche inedite a Eugeniu Unale: un’edizione critica, commentata e con traduzione italiana delle lettere in versi che Mereu scrisse al commilitone Eugeniu Unale nel 1895, e di altrettante risposte dell’amico: una corrispondenza che documenta maggiormente la personalità e la formazione dell’autore. porcu, che nel volume Poesie complete (Il maestrale 2004, nuova edizione 2010) aveva già avuto modo di occuparsi di Mereu, grazie alla nuova acquisizione di materiali dovuta alle ricerche dell’orgolese Antonio Rubanu, ha compiuto un ulteriore passo avanti nell’analisi della produzione del poeta. Dei manoscritti di Mereu nulla si sapeva fino al 2001, quando il giornalista Marco Mostallino, discendente di Mereu, aveva tirato fuori la fotocopia di un foglio contenente due frammenti d’autore, uno dei quali consistente in una strofa inedita.
In questo nuovo volume su Mereu confluiscono due lunghe lettere indirizzate nell’aprile del 1895 ad Eugeniu Unale (Pozzomaggiore), ma anche di altrettante lettere di quest’ultimo a Mereu: una corrispondenza interessante, «testi – precisa Porcu – che vanno compresi nella loro natura di epistole in forma poetica». Epistole in forma poetica, e non poesie in forma epistolare: corre una bella differenza, e Porcu ci spiega qual è: «Le poesie in forma epistolare aderiscono a u genere, - a una modalità che può assumere un destinatario fittizio ma che in realtà ha in mente un pubblico di lettori. Le epistole in forma poetica si inscrivono invece in una dimensione della comunicazione del tutto privata, concreta, relativamente sia al destinatario che all’occasione». “Crudele m’est persighinde su destinu / morta s’ultima dela – spes prorogata / aegrum reddit cor – nàt su latinu. / maladitta sa trumba e chi l’hat fatta, / una ’olta iscrittu m’has – ite cadena / custa chi so trascinende so ingrata!”. Non passi inosservato che Mereu scriveva infarcendo il suo sardo di citazioni latine: sempre lasciando ai posteri l’ardua sentenza sull’effettiva possibilità che un liceale del 2011 riesca nell’intento perseguito da un autodidatta sardo di fine ottocento, chiediamo a Porcu lumi sull’abitudine dei sardi di scrivere lettere in rima: «La lingua sarda – spiega Porcu – conosce, soprattutto nell’Ottocento, una messa per iscritto poetica. Le due lettere di Mereu a Unale mostrano le possibili articolazioni interne a questo corrispondere poetando». Con esiti estetici tutt’altro che trascurabili.