Quando ci hanno consigliata la lettura di Crepe hanno deto: "basta che cominci, la prima riga, e sei in trappola...". Ma non è un thriller: non ci sono assassini da scoprire seppure ci si imbatta in atti criminali, pensieri cruenti e anime perse degne del più ombroso noir. Il romanzo di Luigi Bernardi rapisce - è vero! - per il suo percorso a curve morbide e ripide discese nel profondo di personalità, idee, aspirazioni, quotidianità diverse e un universo che piano piano si disvela, appare "il nostro", composto da luci, fatti, oggetti, persone e di nulla. E può anche non piacere.
Dentro la testa dello scrittore bolognese - noto anche come editore, autore di testi teatrali e fumetti - hanno probabilmente "parlato" molte voci: quella di Amanda giovane giornalista disillusa; di Gregorio, anatomopatologo che fonde curiosità e paure in un modo di agire ondivago; di Orfeo, ventenne arrabbiato e distruttivo, e di suo padre Arturo che forse capisce del figlio più di quello che crede lui stesso ma è paralizzato nei sentimenti. E poi la voce di Armida, anziana sola che aspetta la fine.
L'autore poi ci ha restituito le stesse voci senza mettersi accanto ai personaggi, nascondendo con grazia, al lettore, intrpretazioni e giudizi, lasciandoci liberi. E' il lettore che viene imprigionato nel contesto tetro e vitale che unisce tutte queste esistenze: la Bologna di via dei Carracci che fa vibrare e crepare (appunto) i palazzi sotto i colpi delle trivelle del cantiere dell'Alta Velocità.
E' il lettore a pestare ansioso sui tasti dell'Acer di Amanda, a sedersi con l'idraulico in casa di Armida provando lo stesso brivido di desolazione, è il lettore che stringe i pugni disgustato da una realtà che odia. Come Orfeo. Che dubita. Le storie si intrecciano non come in un film di Altman, ma come in un romanzo di Bernardi. Questo.