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E' l’aprile 1868 e Nuoro è sconvolta dalla sommossa popolare. Contadini e pastori, uniti nella ribellione, protestano contro la volontà del Consiglio Comunale che, ispirandosi alla Legge delle Chiudende, vuole privatizzare le terre pubbliche. «A su connottu» è il grido che scandisce la rivolta, e da cui prende spunto il titolo del dramma in due atti di Romano Ruju. è il grido di chi - di fronte a un avvenire preoccupante - difende con forza la “consuetudine” (il connottu, appunto) di un tempo non lontano, invocando il ritorno al sistema comunitario di gestione delle terre. Nell’alternanza di documenti inediti, brani di relazione, versi in sardo e in italiano, mescolati nell’invenzione d’autore, passa la forza di un’opera drammatica che dà voce agli oppressi, un canto tragico, fra ballata popolare e requisitoria politica.
Romano Ruju (Nuoro 1935-1974), singolare figura d’intellettuale e scrittore attivo fra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Settanta, impiegato all’ufficio tecnico comunale della sua città, seppe accompagnare alla professione un’intensa e variegata attività di poeta (La danza dell’argia, uscito postumo nel 1974 con prefazione di Giorgio Bárberi Squarotti), narratore (l’autobiografico Il salto del fosso del 1967; nuova edizione Il Maestrale 2024), drammaturgo (Quel giorno a Buggerru 1970 e Su connottu 1972; opere teatrali ripubblicate dal Maestrale rispettivamente nel 2004 e nel 2008), collaboratore presso quotidiani e riviste letterarie, con scritti e articoli improntati a impegno politico e culturale.
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